Mia Martini

Mia Martini, pseudonimo di Domenica Rita Adriana Bertè, ovvero Mimì (così amava farsi chiamare dagli amici) nasce il 20 settembre del 1947 a Bagnara Calabra, vicino a Reggio Calabria. Figlia (con Leda, Loredana e Olivia) di Giuseppe Radames Berté, professore di lettere classiche e preside del Liceo di Porto Recanati e di Maria Salvina Dato, insegnante elementare.

martini_mia_adnPer la stragrande maggioranza dei critici musicali, dei musicisti e degli addetti ai lavori è la più grande interprete in assoluto avuta in Italia. A lei si deve l’introduzione del termine interprete d’autore e per lei i giornalisti accreditati al Festival di Sanremo si sono inventati (nel 1982) il Premio della Critica che dal 1996 porta definitivamente il suo nome. Nel panorama canzonettistico italiano, così affollato di cantanti, si distingue per essere una delle pochissime autentiche interpreti di ogni brano a lei affidato, capace cioè di darne una lettura personale (e di riviverlo) dal suo interno, come una voce di dentro di eduardiana memoria. In questo senso la sua prematura scomparsa appare sempre più come una perdita non risarcibile. Mia Martini è un’interprete superba, profonda e una cantautrice raffinata e intimista dall’enorme, variegata e valida produzione e dalla vita per niente facile. Il pubblico non l’ha mai abbandonata (né durante i vari blackout avuti in vita né dopo la sua morte) e la segue con entusiasmo da oltre quarant’anni. Oggi, i giovani la scoprono grazie a Internet e ai nuovi strumenti di diffusione libera e di condivisione come Youtube e Facebook e (basta leggere i commenti ai suoi cliccatissimi video) ne restano letteralmente conquistati. Restano affascinati da un’artista senza tempo (caratterizzata dai tanti cambi di look e da una splendida voce che nel tempo è mutata anche a causa di alcuni interventi alle corde vocali), dotata di una carica espressiva e di un pathos senza eguali; fino a farne un punto di riferimento musicale e di stile di vita. Di lei, infatti, affascinano anche la grandezza d’animo e il suo agire senza filtri da vera libertaria, tollerante e sincera.
Mimì Bertè al Festival di Bellaria, Maggio 1964Mimì (così amava farsi chiamare dagli amici) nasce il 20 settembre del 1947 a Bagnara Calabra, vicino a Reggio Calabria. Figlia (con Leda, Loredana e Olivia) di Giuseppe Radames Berté, professore di lettere classiche e preside del Liceo di Porto Recanati e di Maria Salvina Dato, insegnante elementare. Domenica Berté (futura Mia Martini) vive i suoi primi sedici anni fra Porto Recanati e Ancona e inizia a cantare già nella prima infanzia. Studia piano e danza classica, elegge Paul Anka, interprete di ‘You are my destiny’ suo primo modello artistico e si guadagna i primi applausi alle feste di piazza e ai concorsi dilettantistici per voci nuove. Di fatto, però, non accade nulla di rilevante. Da qui, l’idea di recarsi con la madre a Milano, alla ricerca di un contratto discografico. Dopo tanti no, è Carlo Alberto Rossi (titolare di un’etichetta di cui fanno parte, tra gli altri, gli urlatori Joe Sentieri e Jenny Luna) a credere nelle potenzialità della ragazzina. Il primo disco, col nome di Mimì Berté, arriva nel 1963. E’ un 45 giri che contiene le due cover ‘I miei baci non puoi scordare’ e ‘Lontani dal resto del mondo’, cui fa seguito un secondo intitolato ‘Insieme’. I giovani la scoprono con il terzo 45 giri, ‘Il magone’, edito nel ‘64, che ottiene un buon successo di vendita, tanto da convincere il mensile musicale dell’epoca Tuttamusica a inserirla ne La greffa, clan di talenti d’assalto. Mimì porta i codini e le scamiciate e ha tutta l’aria della ragazzina ye-ye. Lo stesso anno incide ‘Ed ora che abbiamo litigato’, una canzone-surf, moda del momento, che presenta nel seguitissimo show televisivo Teatro 10 condotto da Lelio Luttazzi. Questo è anche l’ultimo disco inciso per l’etichetta di Carlo Alberto Rossi. Il suo primo momento magico però è destinato a sfumare in fretta. Bisognerà attendere due anni, prima di ritrovarla sul mercato discografico. Il 30 giugno del ‘66 la giovane interprete registra per la Durium due nuovi brani, ‘Non sarà tardi’ e ‘Quattro settimane’, che compongono un 45 giri destinato all’estate, ma l’interesse del pubblico è scarso. Per cinque anni, di lei, dal punto di vista artistico, si perdono completamente le tracce.

mia-martini-60Mimì si è ormai trasferita a Roma, nella zona, dove nel ‘67 nascerà il mitico Titan, diretto rivale del Piper, studia lingue e si dedica anima e corpo alle jam-session nei locali della capitale, rivisitando il repertorio di grandi star come Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, Julie Driscoll e Aretha Franklin con il gruppo di Toto Torquati. Grandi scialli neri, bombetta, trucco accentuato, tono impegnato, Mimì passa anche attraverso una brutta storia giudiziaria con l’accusa di spaccio da cui sarà prosciolta dopo quattro mesi di carcere trascorsi in Sardegna. E’ il talent-scout di Patty Pravo, Alberigo Crocetta, a notare le sue eccezionali doti vocali e a proporle di cambiare nome da Mimì Berté a Mia Martini. “Il nome l’ho voluto io, pensando alla Farrow, un mio idolo del momento (racconterà lei). Il cognome fu scelto fra un tris di prodotti italiani famosi nel mondo che potevano attirare anche il mercato internazionale. Spaghetti, pizza e Martini. Decidemmo per quest’ultimo…”. Nasce così Mia Martini, personaggio anticonformista, tra il freak e l’hippie, bombetta, sveglia al collo, anello al naso.

Il primo disco è un 45 giri di grande impatto: due canzoni che fanno discutere e che le procurano situazioni al tempo stesso positive e negative. La prima è la dissacrante ‘Padre davvero’, dai toni forti, l’altra è ‘Amore… amore… un corno!’, scritta da un giovanissimo autore romano, Claudio Baglioni, che con lei partecipa al Cantagiro di quell’anno con il gruppo ‘La macchina’. Se ‘Padre davvero’ permette a Mia di aggiudicarsi la vittoria al primo Festival della Musica d’Avanguardia e Nuove Tendenze di Viareggio, all’inizio dell’estate ‘71, d’altro canto, il brano è censurato dalla programmazione radiofonica. Ciò a causa del dissacrante testo contro il perbenismo della famiglia tradizionale, in cui si narra la storia di una ragazza in conflitto generazionale con il padre. Di fatto, è una frase riferita alla madre a suscitare il maggior scalpore: “Di me era piena”, canta Mia riferendosi allo stato di gravidanza. Il suo primo album con la RCA ‘Oltre la collina’, una produzione Baglioni-Coggio, contiene perle come ‘Ossessioni’, ‘Lacrime di Marzo’, ‘Prigioniero’ (il testo fu scritto da lei, in ricordo dell’esperienza in carcere), ‘Amore… amore… un corno!’: un vero e proprio concept-album che richiama l’attenzione della critica, uno dei migliori lavori mai realizzati da un’interprete femminile. Il disco risulta, però, troppo avanzato, sotto il profilo musicale, per ottenere quel riconoscimento che lei stava ricercando.

Mimì nei primi anni '70

Lasciata la RCA, Mia firma un nuovo contratto discografico legandosi alla Ricordi e a nuovi collaboratori come Bruno Lauzi, Dario Baldan Bembo e i fratelli La Bionda. Con ‘Piccolo uomo’ arriva immediato l’exploit al Festivalbar del 1972 (dove sbaraglia tutti) e a settembre lancia alla Mostra Internazionale di Venezia ‘Donna sola’, un brano che trasuda blues e che soltanto lei, al momento, sembra poter reggere quanto a intensità d’interpretazione. Entrambi i pezzi scalano in fretta le classifiche di vendita. Esce il suo secondo album ‘Nel mondo una cosa’ (in cui spiccano ‘Io straniera’, versione italiana di ‘Border Song’ di Elton John, il gioiellino di Vinicius De Moraes ‘Valsiñha’ e la struggente ‘Amanti’) che nel giro di pochi mesi conquista le prime posizioni nelle classifiche e il premio della critica discografica. Con ‘Minuetto’, firmata da Califano e Baldan Bembo, si aggiudica alla grande il Festivalbar del 1973, bruciando la rivale Marcella Bella e toccando il vertice della hit parade. E’ il suo momento. Nuovo look, vestiti zingareschi, capelli lunghi e mossi, un intero “stock” di anelli. A settembre ritira a Venezia la Gondola d’oro per le vendite di ‘Donna sola’, pubblica il suo terzo album ‘Il giorno dopo’ in cui, accanto a due brani che ne esaltano l’estensione e l’espressività vocale come ‘Il guerriero’ e ‘Bolero’ canta fra l’altro ‘Picnic’ (cover di ‘Your Song’ di Elton John) e ‘Signora’ di Joan Manuel Serrat. Maurizio Piccoli, Maurizio Fabrizio e Dario Baldan Bembo sono fra i suoi preziosi collaboratori anche nell’album seguente ‘E’ proprio come vivere’ del ‘74 da cui trae il bel singolo ‘Inno’, inserendo brani tutti pregevoli fra cui l’Aznavouriana ‘Domani’. Ottiene un grandissimo successo anche in Francia, Spagna e nei paesi Sudamericani. Nel ‘75 riceve il Premio della Critica Europea di Palma de Mallorca con il brano ‘Nevicate’, vince il referendum di Sorrisi e Canzoni ‘Vota la voce’ come migliore cantante donna dell’anno, incide ‘Sensi e controsensi’ e ‘Un altro giorno con me’, il suo “canto del cigno” con la Ricordi, da cui la separano ormai insanabili incompatibilità.

Mia Martini con Charles AznavourNel ‘76 ritorna alla casa discografica che l’aveva lanciata cinque anni prima, la RCA, attraverso un’etichetta giovane da poco costituita, la Come il Vento. ‘Che vuoi che sia… se t’ho aspettato tanto’, album e singolo, sanciscono questo nuovo sodalizio artistico. Inizia la fortunata intesa con Charles Aznavour che la condurrà nel ‘77 ai memorabili concerti all’Olympia di Parigi: appare sofisticata, calata nel ruolo della Edith Piaf made in Italy. L’anno dopo, la cantante rappresenta l’Italia al Gran Premio Eurovisivo della Canzone presentando ‘Libera’, brano che la impone sia sul mercato europeo, sia su quello canadese e giapponese. In quest’ultimo Paese, è invitata al prestigioso World Popular Song Festival Yamaha di Tokyo come unica rappresentante italiana e si aggiudica la vittoria eseguendo ‘Ritratto di donna’, contenuto nell’album ‘Per amarti’, in cui c’è già “la mano” di Ivano Fossati, oltre a una pregevole cover di ‘Somebody to love’ dei Queen.

Nel ‘78 arriva la “svolta” con l’album ‘Danza’. Dall’incontro con Ivano Fossati nasce un sodalizio destinato a protrarsi per diversi anni. Il musicista genovese regala a Mia, tra le altre, la bellissima ‘Vola’ e un album di grande spessore da lui interamente scritto, musicato, prodotto e arrangiato. Mimì cambia stile, nella copertina del disco prende a calci una coppa di champagne con stivali di gomma gialli, rinuncia alle paillettes dell’Olympia per un look stringato fatto di occhialoni, capelli lunghi e mossi e un riferimento al “rock bambino” del suo partner artistico e sentimentale. Spicca a livello d’interpretazione la drammatica ‘La costruzione di un amore’ scritta dal suo uomo per celebrare la nascita del loro amore.

Tre anni di “impasse” caratterizzati dall’ennesima rottura di un contratto discografico, da ben due interventi alle corde vocali e tanto studio; poi Mia torna sul palco con i capelli corti, giacche dal taglio maschile e un album scritto da cantautrice dal semplice e indicativo titolo ‘Mimì’, inciso con la piccola etichetta DDD diretta dall’illuminato Roberto Galanti. Meritano una nota di plauso ‘E ancora canto’, ‘Sono tornata’ e la splendida ‘Del mio amore’.

mia martini sanremo 82Nell’82 si misura per la prima volta con la platea sanremese, lei che dieci anni prima giurava di sentirsi giusta solo in manifestazioni come Gondola d’oro e Festivalbar. Ci prova con ‘E non finisce mica il cielo’ ed è la giuria dei giornalisti a celebrarla, istituendo per lei il Premio della Critica, toccata dalla sua vibrante esecuzione. Nello stesso anno esce l’album ‘Quante volte… ho contato le stelle’, un bel disco costruito con la sapiente regia di Shel Shapiro in cui spiccano l’autobiografica ‘Stelle’ e l’intensa ‘Bambolina’ dedicata alla madre, entrambe firmate dalla stessa Mia Martini.

L’anno dopo si diverte a registrare il suo eccellente primo live ‘Miei compagni di viaggio’, nel quale rivisita, tra gli altri, il repertorio di grandissimi autori come Fabrizio De André, Leonard Cohen, Luigi Tenco, Francesco De Gregori, John Lennon, Randy Newman (uno degli autori da lei più amati) e Jimi Hendrix. L’ultima incisione per la DDD è la bellissima ‘Spaccami il cuore’ di Paolo Conte, edita su 45 giri, presentata nell’85 al Festival di Sanremo, per cui le giurie compiono un delitto di lesa maestà bocciandola in fase di preselezione. Il brano è inciso da mama africa Miriam Makeba insieme a Dizzy Gillespie e oltre a far arrossire la giuria selezionatrice compie il giro del mondo col nome di ‘Don’t break my heart’.

Un venticello vigliacco che la vuole iettatrice e un ostracismo continuo per questa storia da medioevo, le causano un vero e proprio tracollo. “La mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me che per esempio rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io. Mi ricordo che un manager mi scongiurò di non partecipare a un festival, perché con me nessuna casa discografica avrebbe mandato i propri artisti”. Si era arrivati all’assurdo per cui Mimì decise di tagliare drasticamente i ponti con l’ambiente discografico, ritirandosi dalle scene, ma continuando a cantare per il suo pubblico nei posti più disparati e nelle situazioni più strane. Strumenti da rottamare, amplificatori da vergogna e musicisti con poca esperienza, ma su tutto e tutti emergeva la sua voce pazzesca e il suo aggrapparsi alla vita tramite le sue canzoni.

Dopo alterne vicende (tra cui uno sfratto) è ospite per otto mesi di sua sorella Leda (la maggiore delle Berté) nel suo appartamento romano. Leda la sprona a riprendere in mano la sua esistenza, la porta persino sul suo posto di lavoro per farle capire che lei è nata solo per fare l’artista. Le trova una sistemazione nella verde campagna umbra, a pochi minuti dalla capitale, dove può vivere tranquillamente coccolata dai suoi vicini contadini, studiare e preparare bene il suo rientro. La molla le scatta dopo un terribile incidente d’auto: Mimì scivola su una lastra di ghiaccio e si procura una rovinosa caduta in una scarpata. Aiutata dalla sua cagnetta Movie ne esce illesa e giunta sul ciglio della strada avverte la sensazione fisica di lasciare giù tutte le cattiverie subite da un ambiente infame.

Mia Martini al Festival di Sanremo '89Grazie all’impegno di Lucio Salvini, passato alla Fonit, suo “angelo custode” nel periodo Ricordi, Mimì si prepara al grande ritorno sulle scene in vista del Festival di Sanremo. Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio hanno da ben 17 anni nel cassetto il pezzo giusto per lei (scritto nella stessa settimana di ‘Piccolo uomo’). Con ‘Almeno tu nell’universo’ Mia Martini, grazie alla sua fortissima personalità vocale, ai suoi grandi mezzi espressivi, alla presenza scenica e a una sensibilità acuta, crea uno shock generale, si aggiudica un nuovo Premio della Critica e sforna anche uno splendido album ‘Martinimia’ dove attinge a piene mani al repertorio dell’astro nascente partenopeo Enzo Gragnaniello (‘Donna’, il brano trainante. Fra le altre esecuzioni di spicco, ‘Notturno’ e ‘Formalità’). E’ premiata come interprete dell’anno al Premio Tenco. E’ alla sua “terza vita”, con gli abiti firmati dal suo amico Giorgio Armani e il repertorio più vicino al grande pubblico delle platee festivaliere. Nuovi album, concerti, rassegne di musica jazz, apparizioni televisive, riconsegnano all’artista il ruolo di protagonista assoluta del panorama della musica. Nel 1990 partecipa ancora una volta al Festival di Sanremo con la bellissima ‘La nevicata del ‘56’ scritta da Franco Califano e fa il tris vincendo nuovamente il ‘Premio della Critica’ facendo venire i brividi persino al grande Ray Charles presente in platea. Segue l’album ‘La mia razza’ con vistose celebrazioni etniche (‘Danza pagana’ di Mimmo Cavallo su tutte) e le prestigiose firme di Enrico Ruggeri, Dodi Battaglia, Bruno Lauzi e Fabrizio De André. Nel 1991 si dedica a un progetto molto ambizioso: tiene dodici concerti in cui canta canzoni sue e di altri cantautori in versione jazz, un genere che ama molto, unitamente ad altri classici arrangiati da Maurizio Giammarco. Per l’occasione registra lo splendido album ‘Mia Martini in concerto da un’idea di Maurizio Giammarco’, boicottato dalla Fonit Cetra che ne stampa solo ventimila copie. Il 1992 è caratterizzato dall’annunciata vittoria sanremese mancata per un soffio (in realtà secondo addetti bene informati la somma dei voti avrebbe dato lei come vincitrice) con la struggente e bellissima ‘Gli uomini non cambiano’ di Giancarlo Bigazzi, Giuseppe Dati e Marco Falagiani. E’ un anno ricco di impegni e importanti riconoscimenti come il bel quarto posto all’Eurofestival con ‘Rapsodia’, il successo con Roberto Murolo ed Enzo Gragnaniello ottenuto con la meravigliosa ‘Cu’ mme’’, la partecipazione al Cantagiro, il premio come migliore interprete al Canzoniere dell’estate e il tour teatrale Per aspera ad astra in cui ripercorre le tappe più pregnanti della sua lunghissima carriera. Il ‘93 non è un anno molto fortunato per Mimì: l’accoppiata-happening sanremese con la sorella Loredana con ‘Stiamo come stiamo’ non ottiene gli esiti sperati e ‘Vieneme’ non sembra avere l’unghiata vincente per ripetere l’exploit con Murolo e Gragnaniello. Con il ‘94 arriva il Festival Italiano con ‘Viva l’amore’ del fido Mimmo Cavallo e un album di cover di grandi cantautori italiani, De André e Fossati su tutti (poi Vasco Rossi, Zucchero, i fratelli Bennato, Dalla, De Gregori) dal titolo ‘La musica che mi gira intorno’. ‘Hotel Supramonte’, ‘Mimì sarà’ e le grintosissime ‘Dillo alla luna’ e ‘Tutto sbagliato Baby’, le vere hits. E’ il suo ultimo capolavoro. Il suo testamento artistico e umano. Nel mese di marzo del 1995 a ‘Papaveri e papere’ duetta con l’astro nascente Giorgia ed entusiasma il pubblico che la acclama con una standing ovation. Nella puntata conclusiva, Barbara Cola e Ivana Spagna la guardano estasiate per la sua interpretazione mozzafiato de ‘La voce del silenzio’, cavallo di battaglia di Dionne Warwick e Mina.

Due mesi dopo, il 12 maggio, un arresto cardiaco interrompe la sua esistenza, ma non il suo canto d’amore. In tutti questi anni le hanno intitolato vie, un piazzale e un Parco. Per renderle omaggio sono stati istituiti premi ed eventi. Dal 1998 a Bagnara Calabra, un monumento scruta il suo mare della marinella. Il florilegio di libri, compilation e dischi postumi con concerti e brani inediti, supportati da un pubblico sempre molto attento e generoso, l’ha decretata l’artista più collezionata e presente della storia.